Tutte le aule sono dotate di L.I.M. (Lavagna Interattiva Multimediale) e di computer, oltre a essere raggiunte da connessione Wi-Fi; questo garantisce lezioni più pratiche ed efficaci, sia per gli insegnanti che per gli studenti.
È l’aula magna della scuola, il cui nome deriva dalle raffigurazioni presenti sulla sua volta, appunto dedicate all’eroe mitologico. È punto d’incontro dell’Istituto, dedicato a riunioni, presentazioni, consigli di classe e meeting istituzionali.
Le tre aule presenti al piano rialzato dell’Istituto sono normalmente impiegate per le lezioni, tuttavia grazie alle pareti scorrevoli che le separano possono trasformarsi in una seconda, più grande aula magna.
Ciascuno dei laboratori è allestito con moderne attrezzature didattiche ed è provvisto degli specifici strumenti per esperimenti e misure, tali da garantire l’applicazione dei concetti teorici affrontati in classe.
I laboratori presenti nell’Istituto sono i seguenti:
Il servizio ristoro per l’Istituto è organizzato nel “Bar Luzzago”, dove allo spazio dedicato a bar sono affiancati una biblioteca e una zona studio.
Funzionale e attrezzata per le diverse attività sportive in essa praticate, la palestra dell’Istituto consente agli studenti di svolgervi le attività di educazione fisica e i più diffusi sport di squadra in tutto l’arco dell’anno scolastico.
L’Istituto Ven. A. Luzzago è una scuola di ispirazione cristiana che ha sede nel centro storico di Brescia, all’interno di Palazzo Provaglio. Fondato nel 1946, è gestito sin dal 1954 dai Frati Francescani e prosegue oggi la sua opera educativa grazie alla Fondazione che ricorda P. Simpliciano Olgiati. La scuola svolge un servizio pubblico, in dialogo con la realtà culturale e sociale del territorio; offre una formazione capace di aiutare i giovani ad assumere il proprio ruolo nella vita e nella società, con responsabilità e competenza. Un percorso fondato su basi solide, alla ricerca dell’eccellenza e di una istruzione di qualità.
Nacque a Brescia nell’ottobre del 1551 da Girolamo e da Paola Peschiera, in una delle più cospicue famiglie del patriziato cittadino. Fu battezzato l’8 novembre nella chiesa di S. Maria in Calchera. Il padre, che negli anni aveva maturato una sempre più fervida religiosità, la madre e la nonna paterna Ginevra Riva, coadiutrice di Angela Merici, contribuirono a suscitare in lui, fin dall’infanzia, una forte inclinazione per la pratica devota e per l’apostolato.
Ricevuta la prima educazione a Gavardo, dal 1570 seguì a Brescia un corso di filosofia presso i gesuiti, da poco stabiliti nel convento di S. Antonio: proprio nella chiesa annessa al convento Luzzago poté offrire, il 25 e il 26 ott. 1573, un saggio della sua preparazione discutendo pubblicamente 737 tesi di filosofia.
Trasferitosi presso lo Studio di Padova, fu presto richiamato a Brescia da gravi contingenze familiari, che negli anni successivi avrebbero a più riprese ritardato il corso dei suoi studi. Fra il 1578 e il 1582 frequentò a Milano, per interessamento del cardinale Carlo Borromeo, i corsi di teologia presso il collegio gesuitico di Brera. Rientrato a Brescia, soltanto nel 1586 si addottorò, a Padova, in filosofia e teologia.
Nel frattempo Luzzago aveva maturato il proposito di abbracciare lo stato religioso nella Compagnia di Gesù; ma la considerazione della propria situazione familiare – compromessa, fra l’altro, dalle transazioni non sempre abili del padre – lo indusse a sospendere la decisione, serbando tuttavia l’intenzione di proseguire nell’attività di apostolato.
Nella vivace realtà delle opere assistenziali bresciane, ravvivate dall’impulso del rinnovato evangelismo della Chiesa cattolica, Luzzago profuse, nell’ultima fase della propria vita, energie fisiche e morali e capacità organizzative, alimentate da una non comune lungimiranza e da una spiccata sensibilità per le esigenze dell’umanità con la quale egli entrava quotidianamente in contatto. Nel 1595 fu nominato conservatore dei Monti, ai quali diede nuovi regolamenti volti a contrastare le occasioni di abuso; mentre nel 1597 fu eletto protettore della Compagnia delle dimesse di S. Orsola, fondata da Angela Merici, e di altri due istituti cittadini, il Soccorso e le Zitelle. Ma Luzzago fu soprattutto fondatore di nuove opere assistenziali, ispirategli dalla quotidiana pratica della carità, come la Compagnia della misericordia, che egli destinò al soccorso morale e materiale dei carcerati. Fu, inoltre, animatore e riorganizzatore di un’altra istituzione nata nel clima postridentino, la Scuola della dottrina cristiana. Per gli studenti fondò la Congregazione di S. Caterina da Siena.
Allo scopo di assicurare la continuazione delle opere da lui gestite, Luzzago istituì la Congregazione dello Spirito Santo, dove sarebbe confluita la classe dirigente cittadina allo scopo di “cooperare più efficacemente e concordemente a sostegno di tutte le buone istituzioni e esercitare maggior influenza nel trattare le paci” (Girelli, p. 290). In più occasioni Luzzago era intervenuto nelle controversie fra le famiglie nobili bresciane, adoperandosi sempre con successo a favore della riconciliazione.
Finalità religiose, seppure non preponderanti come nelle opere più squisitamente assistenziali, ebbe anche, nei suoi progetti, l’Accademia dei Rapiti, nata nel 1590 come “accademia di lettere e scienze pei gentiluomini”. Ma è soprattutto nel Consiglio della città che Luzzago, dal 1584, seppe rivolgere a fini civili la propria attitudine caritativa, favorendo in diversi frangenti la collaborazione fra strutture governative ed enti ecclesiastici e promovendo l’adozione di leggi suntuarie.
Impegnato a titolo personale nella carità a sostegno dei poveri, incoraggiò la diffusione di analoghe iniziative a livello collettivo; provvide inoltre a distribuire fra i bisognosi i numerosi legati destinatigli per testamento e riportò in auge la Pia Opera degli avvocati per le cause dei poveri, istituita dal vescovo D. Bollani.
Fra gli scritti del Luzzago è conservata anche una Istruttione per lì cavallieri di Malta, nella quale fornisce una serie di consigli per la cura, non solo spirituale ma anche disciplinare, dei cavalieri, proponendo, fra le pratiche miranti alla loro santificazione, un corso di esercizi spirituali modellati secondo le consuetudini della Compagnia di Gesù e un elenco di letture desunte dalla produzione ascetica coeva.
Nel 1589 Luzzago accompagnò a Roma il vescovo di Brescia e nunzio a Parigi, Giovanni Francesco Morosini, chiamato a rendere conto al papa della propria missione diplomatica nella Francia dilaniata dalle guerre di religione. Durante la permanenza romana visitò gli istituti di beneficenza, traendo numerosi insegnamenti per la gestione delle opere pie bresciane, e strinse contatti – sia pure, a quanto sembra, in modo occasionale con Filippo Neri.
Durante le frequenti assenze da Brescia del cardinale Morosini, Luzzago, svolgendo le effettive mansioni di vicario, seppe fornire numerosi consigli al suo vescovo, specialmente riguardo alla disciplina del clero. Frattanto, nel 1590, si adoperava per l’istituzione di un’altra opera pia, la Casa di Dio, destinata al reinserimento degli emarginati nella società. Dell’ammirazione generale di cui egli godeva è testimonianza una lettera dell’11 febbraio 1595, con la quale, da Roma, F. Sini, segretario del cardinale Morosini, lo informava che il suo nome era stato proposto al papa per la carica di arcivescovo di Milano.
Nel 1602 accompagnò il padre Girolamo a Milano in pellegrinaggio alla tomba di Carlo Borromeo. Il 3 maggio accusò un malore provocato dalla estenuante attività alla quale aveva esposto per anni un fisico già debole.
Luzzago morì a Milano il 7 maggio 1602 presso la casa dei gesuiti di S. Fedele. Il cardinale Federico Borromeo “gli serò gli occhi e puoi inginocchiato in terra gli basciò le mani, dicendo: Io honoro questo corpo non come amico ma come santo” (Diario del nobile Tito Luzzago, p. 131).
Dopo le solenni esequie indette a Milano per volere del cardinale Borromeo, fu sepolto il 12 maggio nella chiesa di S. Barnaba a Brescia. Nel 1625 il Consiglio generale cittadino chiese al vescovo l’avvio della causa di beatificazione, che fu introdotta presso la congregazione dei Riti solo nel 1751. Nella seconda metà del secolo XIX, con la fioritura dei primi movimenti di apostolato laico, la figura del Luzzago assurse a modello dell’impegno sociale del mondo cattolico, suscitando, specialmente in ambito locale, un rinnovato interesse per il personaggio e la sua epoca. Nel 1878 i resti del Luzzago furono traslati nella chiesa bresciana di S. Maria della Pace, dove si trovano tuttora. Nel 1899 Leone XIII riconosceva le virtù eroiche del Luzzago, conferendogli il titolo di venerabile. In seguito la personalità del Luzzago è stata più volte proposta a modello dall’Azione cattolica.
L’Istituto Ven. A. Luzzago ha come sua sede storica il PALAZZO PROVAGLIO di via A. Monti 14/a Brescia. Il palazzo venne fatto edificare dalla famiglia Provaglio nella seconda metà del Settecento dall’architetto Antonio Turbino in stile neoclassico.
Nel bombardamento del 4 aprile del 1945 il palazzo venne distrutto quasi completamente. Sono sopravvissuti lo scalone interno a doppia rampa, molto simile allo scalone di Villa Lechi a Montirone, e la Sala d’Ercole. Le statue che ornano la balaustra dello scalone provengono dalla Parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo di Offlaga. Di pregio risultano gli stucchi settecenteschi della volta che racchiudono tre medaglioni affrescati con divinità dell’Olimpo. I sovrapporta sulle finestre al primo piano sono autentici e risalenti al ‘700, quelli sulle porte di ingresso alla Sala d’Ercole sono falsi eseguiti nel 1946.
In seguito al bombardamento il palazzo fu venduto a Don Buratti che vi fondò un collegio maschile, aggiungendovi il portale del XV secolo di proprietà della chiesa di sant’Alessandro. Fallito il tentativo del collegio privato l’iniziativa venne assunta dagli attuali proprietari: i frati minori del vicino convento di San Gaetano che circa una decina di anni fa iniziarono il restauro della Sala d’Ercole, l’unica sala affrescata visibile oggi.
La volta di questa sala è affrescata secondo la tecnica della quadratura che crea un’architettura scenografica cromaticamente vivace che fa da cornice alla scena figurativa centrale. Il basamento dell’architettura prospettica presenta decorazioni a monocromo con bassorilievi che riproducono elementi decorativi floreali e festoni. Al centro di ogni parete ci sono delle balaustre da cui si affacciano figure femminili abbigliate secondo la moda del ‘700 e altre figure maschili che rimandano al mondo classico. Interessanti risultano i particolari iconografici sul lato est del berretto frigio e della bandiera tricolore che si ricollegano al nastro bianco, rosso e verde presente nel medaglione centrale, elementi legati alla stagione rivoluzionaria della repubblica bresciana del 1797 durante l’età napoleonica; questi particolari unitamente ai caratteri stilistici dell’intera decorazione fanno ipotizzare una datazione dell’opera ai primi dell’ ‘800.Sul basamento si innalzano colonne di marmo colorato e pilastri ornati da lesene scanalate e motivi a candelabro di ordine corinzio. La struttura architettonica dipinta si conclude con un fregio a girali di acanto. Nei quattro angoli del fregio sono collocati tondi decorati che rappresentano alcune delle “fatiche” di Ercole: l’Idra di Lerna, Cerbero; il Centauro Folo, Ercole e gli Uccellidel lago Stinfalo.
Al centro l’architettura si apre sul cielo con una specchiatura sagomata. Tra i personaggi si riconosce Ercole con l’attributo iconografico della clava e della veste ricavata dalla pelle di leone. Ai piedi appoggiato all’architettura il leone di Nemea abbattuto nella più famose delle imprese dell’eroe. In alto tra le nuvole si intravede un tempietto circolare da cui si affacciano gli dei dell’Olimpo. Fra di essi una figura femminile in piedi tiene in mano una corona d’alloro e la protende verso l’eroe, gesto che viene replicato sul lato ovest da una figura alata che glorifica Ercole.
Bibliografia F. Lechi, Le dimore bresciane in cinque secoli di storia, Edizioni di storia bresciana, Brescia, 1974
Prof. sse Alessandra Corna Pellegrini e Paola Trainini
La chiesa di San Gaetano è una chiesa di Brescia, situata in via Antonio Calegari, all’incrocio con via Monti.
Si tratta di una chiesa conventuale, costruita per la neonata comunità locale dei “Padri della Pace”, o “Preti riformati”.
Costruita subito in stile barocco, fu rifatta circa sessant’anni dopo la sua ultimazione completando l’apparato decorativo interno. Soppresso il convento alla fine del Settecento, la chiesa rimase comunque aperta al pubblico e rientrò sotto il controllo di un ordine religioso solo nel 1872. Contiene numerose opere di valore, come Chiesa la splendida “estasi” di Sant’Andrea Avellino realizzata da Giambattista Pittoni nel 1742, quadri di autori locali, ma anche tele di Grazio Cossali e Alessandro Maganza, affreschi di Pietro Scalvini e un organo Tonoli, ampliato nel 1960 dalla ditta Tamburini.